...si, perche' alla fine, all'ottavo (di dieci), al secondo scollinamento di Mongardino ho detto basta. E passino i piedi, e passino i crampi, ma le spalle inchiodate proprio no. Anche perche' stava diventando difficile alzare lo sguardo da terra, e quindi diciamolo, pericoloso. E' vero, mi ruga da matti essermi ritirato dopo 125 km, ma proprio ho raggiunto il limite. Gia' Bortolami era stato un supplizio, cosi' come la discesa fino a Calderino. E' vero, come mi ha detto qualcuno, "anche io mi ritiro". Non ci prendero' l'abitudine, statene certi.
Comunque, di buon ora, anche se non troppo presto, visto che avevo un numero che mi dava una griglia super (76, subito dietro alla Griglia Rossa) mi sono avviato verso i Giardini Margherita, luogo della partenza, e con puntualita' svizzera, anche se con modalita' artigianale ("Siete pronti? Allora Via!") alle 8.30 il serpentone del percorso lungo e' partito. Provo a tenere il passo dei primi (sono li'...), ma mi accorgo che e' un suicidio (55 all'ora) e allora mi lascio sfilare. Dovranno passare ben 4 grupponi, perche' riesca almeno a tenere una ruota.
Svolto a Zula che sono -probabilmente, ma non coscientemente- gia' un po' cotto, e a Badolo capisco che e' gia tardi. Raggiungo Simona, l'Ironwoman, ma poi lei riparte e per me ritorna la nebbia. Arranco su per il primo Mongardino, e gia' Montemaggiore mi sembra un incubo. Sopravvivo a Zappolino, ma Tiola e' gia' infinito. Di Bortolami e Mongardino-2 ho gia' detto. Hanno inziato le spalle, formicolando la' dove il vento di Tempe aveva fatto sfracelli, i trapezi. Poi ha cominciato anche la cervicale a non reggere piu' il mio faccione che era sempre piu' parallelo al terreno. Su Montemaggiore i crampi: una fucilata che mi costringe a sprofondare sul sellino e a farmela tutta seduto. Nessun aiuto dal 34-27, che oggi mi sembrava un 53-15. Infine i piedi, i neuromi, un classico della mia sofferenza.
Su Bortolami anche qualche gocciolone: se non si fosse capito che non era giornata... Avevo provato a saltare qualche ristoro, un po' perche' ero in autonomia alimentare un po' per evitare la sosta e guadagnare qualche minuto: spalle e piedi mi costringevano a fermarmi.
Non volevo ritirarmi, io credo fermamente che e' meglio finire ma non aver rimpianti (anche se distrutti) che ritirarsi per rimpiangere di non aver finito e rimuginarci sopra a lungo (lo sto gia' facendo...) ma non c'era possibilita': le Ganzole e gli ultimi chilometri sarebbero stati un supplizio ed anche pericolosi, come detto. Certo che tornare a casa dalla Porrettana e farsi tutta via Saragozza sul pave' non e' stato una panacea, ma non c'erano alternative (e alla fine sono stati comunque 150 km...).
Ringrazio comunque anche Gianluca, ottimo triathleta, che mi ha mandato un messaggio inequivocabile: "Ricarica le pile!". E a coloro che sperano sempre in un mio fallimento, avete finalmente motivo di giubilo. Io, per conto mio, ragionero' sui motivi di questo ritiro, ne sapro' trarre i giusti insegnamenti per non fallire ancora.
Gli otto colli, fino al ritiro
Il mesto rientro
Comunque, di buon ora, anche se non troppo presto, visto che avevo un numero che mi dava una griglia super (76, subito dietro alla Griglia Rossa) mi sono avviato verso i Giardini Margherita, luogo della partenza, e con puntualita' svizzera, anche se con modalita' artigianale ("Siete pronti? Allora Via!") alle 8.30 il serpentone del percorso lungo e' partito. Provo a tenere il passo dei primi (sono li'...), ma mi accorgo che e' un suicidio (55 all'ora) e allora mi lascio sfilare. Dovranno passare ben 4 grupponi, perche' riesca almeno a tenere una ruota.
Svolto a Zula che sono -probabilmente, ma non coscientemente- gia' un po' cotto, e a Badolo capisco che e' gia tardi. Raggiungo Simona, l'Ironwoman, ma poi lei riparte e per me ritorna la nebbia. Arranco su per il primo Mongardino, e gia' Montemaggiore mi sembra un incubo. Sopravvivo a Zappolino, ma Tiola e' gia' infinito. Di Bortolami e Mongardino-2 ho gia' detto. Hanno inziato le spalle, formicolando la' dove il vento di Tempe aveva fatto sfracelli, i trapezi. Poi ha cominciato anche la cervicale a non reggere piu' il mio faccione che era sempre piu' parallelo al terreno. Su Montemaggiore i crampi: una fucilata che mi costringe a sprofondare sul sellino e a farmela tutta seduto. Nessun aiuto dal 34-27, che oggi mi sembrava un 53-15. Infine i piedi, i neuromi, un classico della mia sofferenza.
Su Bortolami anche qualche gocciolone: se non si fosse capito che non era giornata... Avevo provato a saltare qualche ristoro, un po' perche' ero in autonomia alimentare un po' per evitare la sosta e guadagnare qualche minuto: spalle e piedi mi costringevano a fermarmi.
Non volevo ritirarmi, io credo fermamente che e' meglio finire ma non aver rimpianti (anche se distrutti) che ritirarsi per rimpiangere di non aver finito e rimuginarci sopra a lungo (lo sto gia' facendo...) ma non c'era possibilita': le Ganzole e gli ultimi chilometri sarebbero stati un supplizio ed anche pericolosi, come detto. Certo che tornare a casa dalla Porrettana e farsi tutta via Saragozza sul pave' non e' stato una panacea, ma non c'erano alternative (e alla fine sono stati comunque 150 km...).
Ringrazio comunque anche Gianluca, ottimo triathleta, che mi ha mandato un messaggio inequivocabile: "Ricarica le pile!". E a coloro che sperano sempre in un mio fallimento, avete finalmente motivo di giubilo. Io, per conto mio, ragionero' sui motivi di questo ritiro, ne sapro' trarre i giusti insegnamenti per non fallire ancora.
Gli otto colli, fino al ritiro
Il mesto rientro
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