Mercoledi doveva essere il giorno "X" (o meglio "6"), cioe' la giornata in cui avrei preso la sesta scalata del Monte Grappa, dato che il meteo oramai concede pochissime giornata di tempo "ciclabile", ma complice la prima seduta di nuoto con il coach la sera prima, con l'accumulo di adrenalina fuori scala, e dunque un sonno travagliatissimo, mi sono svegliato troppo tardi.
Cosi' ho dovuto ripiegare su un "classico" giro nei dintorni, scegliendo la valle del Sillaro (direzione Sassoleone) con sterzata nella valle delle Ginestre (poco prima di entrare a Sassoleone si gira a sinistra (direzione Fontanelice) e al bivio per la Val Sellustria, tenere la destra, verso Fontanelice appunto. Il programma era la scalata del valico del Prugno, che dalla Valle del Santerno porta a Casola Valsenio, ma giunto ai piedi della strada ho considerato che ero un po' troppo stanco.
Cosi' ho percorso la valle fino a Casalfiumanese e per evitare un po' di
trafficatissima Via Emilia ho valicato in val Sellustria per la Via
Croara, stradello malefico con qualche rampa spaccagambe, ma
indubbiamente poco frequentata. Ho cercato poi di convincermi che
passando per Dozza avrei ulteriormente tagliato, ma chi conosce "quel
chilometro e 600 metri" sa perche' ho preferito la via Emilia, per
tornare a Castel San Pietro.
Cosi' oggi, sia pure voglioso di fare un bel chilometraggio non immaginavo certo di riuscire a fare oltre 100 km, sobbarcandomi 48 km (su 50 che ci vogliono per arrivare a Carpegna da Riccione) di salita. Certo non con le pendenze del Montegrappa, ma quella stupida 2-3% che altro non fa che spaccare gambe. Oltre tutto controvento. Certo, il fatto che al ritorno c'erano 48km di discesa aiutava lo spirito, ma poi erano sempre da fare.
Ed invece eccomi qua a Carpegna, a riempire la borraccia di acqua dopo
aver ammirato (solo ammirato!) l'inizio della salita al Cippo (se mai
fossi impazzito in quei momenti avrei ripiegato per scalarlo dal Passo
Cantoniera, ben piu' abbordabile!) Qualche foto e via di ritorno per la stessa strada. 2 ore e mezzo a salire, 2 ore scarse a scendere. Ma evidentemente non ero sazio, tanto che una volta a casa, a Riccione, mi sono dovuto mettere le scarpe da corsa e via, come predico e obbligo i miei atleti a fare, una bella corsa di transizione.
Neanche 4 chilometri e mezzo, ma un'iniezione di fiducia enorme, e la sempre piu granitica convinzione che dopo uno o due Ironman (o altro impegno sportivo lungo come una maratona o una granfondo) non importa piu' spararsi dei lunghi allucinanti perche' il fondo c'e' e non si perde. Semmai si puo' ritoccare la veocita' di fondo, ma questo e' un altro discorso.
E comunque all'andata, in salita, un ciclista mi ha lasciato sul posto (nessuna sorpresa, io in salita sono uan ciofeca) ma anche al ritorno, in discesa (36,5/37 kmh, mica fermo) un ciclista mi ha passato come un Frecciarossa. Cosa gli davano da mangiare da piccoli, a sta gente?
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