Ore 3.45 del mattino (le 9.45 italiane), e conservando al meglio un po' di fuso la sveglia non e' troppo traumatica. Ieri sera avevo preparato tutto, decidendo per una Odlo manica lunga, maglia tecnica invernale Asics societaria, pinocchietto pure Asics e mutanda Skinfit per le gambe. La tuta (anch'essa di
rappresentanza e Asics) fino all'ultimo, e poi, dopo la consegna dei pacchi, poncho a sopravvivere fino allo start (un'ora). Per le scarpe ho rimandato al mattino la decisione fra le K-Swiss Keaou 2 nuove e le Newton, ed alla fine ho deciso per queste (ottima scelta). In testa cappello in pile Ironman. Perche' nell'anima sono triathleta.
Alle 4.45 la hall e' un brulicare di atleti Terramia, e riusciamo pure a farci scattare delle foto, prima di salire sui pulmann, destinazione imbarco del Ferry per Staten Island. La traversata e' indolore e in 30 minuti siamo di la', poi di nuovo pulmann per Fort Wadsworth. Qui e' un formicaio. Tre zone (verde, blu ed arancio) che valgono solo per la consegna della borsa, per il resto e' tutto in comune, i vari Dunking Donuts, i caffe', i bagels e le barrette powerbar, oltre al prato e al freddo.
Sono le 7 ed ho gia' bevuto 3 caffe', mangiato 3 bagels e raccattato 6 cappellini DD, 3 arancioni e 3 viola. Passiamo da una zona all'altra per farci passare il freddo, che arriva tramite un vento a raffiche fortisime (direttamente dal polo?) da nord. E' un freddo incredibile, e vedere Carla che trema fa impressione (io sono freddoloso, non faccio testo....) Alle 9 porto Carla nella sua zona di consegna della borsa, indossa il poncho e la maglia da buttare poi cerchiamo un posto riparato per aspettare le 9 e mezzo, termine ultimo per la consegna. Anticipo un po', ma oltre al poncho indosso anche un sacco nero nelle gambe, il vento mi sta facendo a fette. Tutti hanno o il cellulare (iPhone, neanche a dirlo....) o una macchina fotografica. Noi maratoneti puristi no, siamo mica qui a fare foto, telefonare o mandare SMS!!!
Intanto le prime 2 ondate (9.40 e 10.10) partono con un botto assordante e noi ci portiamo all'ingresso del
corrall, ovvero il recinto che precende il ponte. Il ponte di Verrazzano e' maestoso, deserto e lungo oltre 2 chilometri. Si entra a Brooklin, e la folla in strada e' gia' numerosa. Da qui solo i ponti saranno deserti (motivi di sicurezza) ma ogni metro, ogni centimetro e' presidiato da una folla che letteralmente ti accompagna facendoti dimenticare fatica dolore e freddo (anche se poi si attenua di molto, costringendomi ad una sudata abbondante). Ma tengo tutto, anche i guanti: io preferisco sudare che patire freddo. Dopo Brooklin (fino alla mezza maratona), il Queens, passando sul Queensboro bridge (durissimo, in ferro con una salita ripidissima), dopo la discesa si arriva a Manhattan, sbucando sulla First, un muro umano di tifo assordante ti accoglie, non posso fermarmi ora...
Ma come gia' nel Queenboro mi tocca una sosta: approfitto del predellino di un'ambulanza, per massaggiare i piedi (scansando medici e flebo). Tutto sommato pero' non va male, anche l'Oki comincia a fare effetto e rallenta il sorgere del dolore. Fino al 33imo reggo benino (scendo pero' da 5.27/km a quasi 6.00/km), poi cedo: in tutti i ristori adesso cammino, ho fame e qui fino al 18imo miglio solo gatorade e acqua, finalmente adesso anche gel powerbar (4 tracannati in pochi secondi!) e banane.
Mi deprimo un po' quando passiamo nel Bronx, non per il quartiere in se' (che sembra meno pericoloso del passato) ma perche' mancano -al mio Garmin-12 km e siamo (penso) lontanissimi da Central park (in cui si entra al 23imo miglio) e dal traguardo (26imo). Comunque, non so come, e con altre 2 soste arrivo in Central Park e "prendo l'onda" nelle discese, ma appena risale un po' cammino, insomma, come speravo, per una volta sono anche affaticato di gambe (ma neanche tanto): diciamo che per un 70% e' colpa dei piedi ed un 30% della fatica. Intanto mi miglioro sulla distanza di 10 minuti (tempo ufficioso dal Garmin: 4.28). E con questi piedi che mi ritrovo e' un successone).
Ora tocca a Carla: un presentimento mi dice che posso aspettarla, che -insomma- arrivera' fra poco, stamattina era determinatissima: "la faccio ( = finisco) per non tornare mai piu'". L'attesa, infatti dura poco piu' di 9 minuti, quando con un timing di 4.37 sbuca fra la folla e scoppia in un pianto liberatorio. Devo ammettere che anche io -finisher di 11 IM- mi sono commosso, tagliando il traguardo. Dietro di lei di pochissimo, Patrizia, con cui ha condiviso quasi 30 km di maratona.
Peccato per la medaglia, orribile, e per il "dopo": oltre un'ora per prendere il sacco lasciato alla partenza e uscire da Central Park. Ma non e' finita, ci sorbiamo al freddo altre 5 strade (= 500m) per arrivare al pulmann Terramia che ci riporta in hotel, stanchi ed infreddoliti.
Sono rimasto stupito dal fatto che gli americani corrono praticamente tutti "per qualcosa" (charities, le chiamano): i bambini in pericolo per il Botswana, per (combattere) la Leucemia (infantile ed adulta), il cancro (di tutti i tipi, seno, polmone....), le violenze domestiche, un'infinita' di fondazioni (con obbiettivi filaantropici), e -ancora- per mamme, papa' mogli, figlii etc.: mi devo vergognare se ho corso (e -in generale- gareggio) per me stesso? Adoro l'America e gli americani (pur con quei 2 difettucci come la presutuosita' come neanche il commenda
milanes e la permalosita' estrema) ma non capisco questa estremo slancio di altruismo, come se si sentissero terribilmente in colpa (a torto?)... Boh!
La 41 Maratona di New York