A Fabio, 5 aprile 2009.

domenica 20 gennaio 2013

41a Galaverna

Che cosa spinga una persona ad alzarsi presto una fredda domenica di gennaio, piovosa oltretutto, a farsi (1) un discreto numero di chilometri per arrivare in questa localita' (Pianoro, che non ha nulla di interessante), dannarsi (2) a trovare un parcheggio, correre (3) in questo clima su un terreno in parte fangoso, prima in salita. Poi in discesa. Di nuovo in salita. Ancora in discesa. Un pezzo in piano (ma sotto una pioggia battente). Ed ancora, un ultimo strappo in salita, spacca gambe.

Che cosa MI spinga, dicevo, non ne ho idea. Ma sono qui, in questa tenda umidiccia condivisa con un certo numero di altri che come me sono pronti a correre (gia' passati dai punti 1 e 2), chi 10,5, chi (io) 14,7, chi quasi 17 ed anche (la maggior parte, si'!) 21 e mezzo chilometri. Per cosa, poi? Una pacca sulle spalle, un piatto di gramigna ed un panino alla salciccia. 

Oltretutto arrivavo da una settimana in cui le migliori intenzioni sono state tarpate dal meteo ancora indecente. Neve, freddo e nebbia. Quindi niente bici, che mi e' mancata, due sedute di nuoto che sono state abbastanza (anche se ho aggiunto una mezzora sabato al CUSB a salutare i vecchi compari), una seduta in palestra, in cui mi sono tirato anche troppo, e zero corse. Gia', zero corse. Boh! La settimana e' passata via senza che ne sentissi il bisogno. Mi ha degnamente sostituito Carla, che ha compensato con ben 3 sedute, una anche sotto la neve. 

Il nuovo ruolo di Chioccia mi si addice. Spingo gli altri a fare delle cose cui sono costretto -mio malgrado, anche se in parte- a sottopormi io stesso. Probabilmente se Matteo, il nostro tiramolla parmense, non fosse venuto fin qua a farsi 17 km nel fango della Galavarna io me ne sarei rimasto a letto (probabilmente mi sarebbero toccati 16 km con Carla nel pomeriggio). Quindi -ma non solo per lui- dovevo esserci. 

Ed eccomi: ore 8.45, parco del Ginepreto, si parte: io, Roberto e l'Ale, la moglie del Rosso. La Galaverna non illude. Parte subito in salita e tale rimane 3 km, anche a doppia cifra. A quel punto ci sarebbe un ristoro, ma servono SOLO vin brulee'. Se vuoi l'acqua mangia la neve. A sinistra 14,7 o 21,5 km. A destra 10,5 o 17 km. Quest'anno andiamo a sinistra. Un'incognita, dato che le volte precedenti ero sempre andato a destra.

La strada, prosegue per un po' in leggera salita, poi si gira a destra e si scende a rotta di collo nel fango misto neve. Comunque un paciugo. Un ponte e si risale. Paciugo uguale ma scivoloso. Le Newton Terra Momentum hanno abbastanza grip, ma sono anche un po' consumate. Per un po' non scivolo ma poi mi arrendo e cammino. Chiaramente non e' che cammino solo per quello, il cuore e' letteralmente uscito dal corpo e mi ha fatto un garbato gesto dell'ombrello.

In cima siamo di nuovo al primo bivio. Ecco, adesso che ho le mani congelate e sono bagnato con un pulcino, un po' di vin brulee' caldo mi farebbe piacere. Ma e' tardi ed hanno gia' sbaraccato. Benissimo, adesso c'e' la discesa spacca gambe. Arrivo in fondo che non sento piu' le caviglie (chiaramente la discesa ha delle curve) oltre che le coscie. Ma qui c'e un altro ristoro, imperdibile. Cioccolata bollente (ci sono 2 gradi, bravissimi), crescenta, girelle e bastoncini kinder. Da starci il resto della mattinata. Ma dobbiamo andare, siamo a Pianoro vecchio e mancano 5 km al traguardo, a Pianoro nuovo. 

Un dubbio di un paio di secondi mi prende alla deviazione per allungare fino a Guzzano, ma poi decido per il traguardo diretto: piovono catinelle d'acqua, i piedi sono bagnati spolti (anche il miglior GoreTex ha dei limiti) e le mani non le sento piu'. Prima del traguardo un altro ristoro (the caldo) fisso ed uno volante, davanti alla fabbrica di Borbonese: altri cioccolatini. L'ultima salita (o fatica?) ed eccomi arrivato. Del traguardo neanche l'ombra: neanche un cartello: niente. La soddisfazione e' solo intima, qua. Ma immensa. Poi via di corsa in tenda a cambiarsi. Anzi no, stavolta faccio il signore vado al coperto, dove fanno le premiazioni e il ristoro finale, quello del gramigna e della salciccia.








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